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Mala Testa

by Alessio Lega

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1.
Frizullo 04:34
Frizullo per Alfredo Simone La notte color del vino vomitò ancora una nave carica di kurdi, una nave carretta - come si dice - dal mare una nave disperata, della solita disperazione salpata dalla Turchia rotta contro l’illusione. Sulla fiancata graffiata, scavata una scritta misteriosa: «Frizullo» diceva: un nome, un monito, qualcosa… Cosa vorrà mai dire? un Dio, un tribuno, un’accusa? Sul fianco di quella nave una ragione, una scusa? Che cosa ancora brilla dal fondo senza ritorno? Che cosa ci tiene in piedi, che cosa ci tiene a giro? Increspato di schiuma c’è chi tenta un respiro sentinella nella sentina da che parte viene giorno? «Frizullo» non è una parola di una lingua proibita non è un codice sacro, né una sfida agguerrita «Frizullo» è un nome storpiato, precisamente un cognome sta per «Dino Frisullo», come dire, attenzione! Noi siamo i suoi amici, i parenti, i suoi protetti, i suoi figli siamo quelli di Frisullo, dischiudete gli artigli e lasciateci passare, alla faccia dell’assassino è una lotta per la vita, ci dà una mano Dino… Sentinella pallida e assorta nel mezzo del fumo grigio c’è qualcosa che schiude i denti, che telefona e sfida però se tendi l’orecchio qui tutto quanto grida e ride mentre tu dormi la morte del pomeriggio. Dino Frisullo fu un militante di Avanguardia Operaia poi finì il sessantotto e si archiviò la battaglia: «Contrordine compagni, non si cambia più il mondo anzi, cambiatevi d’abito e restate sul fondo» Ma Dino Frisullo sul fondo inciampò nella coscienza come una bomba innescata, un futuro di resistenza e fondò e fuse e diffuse più d’una associazione lo scopo? Salvare il mondo, pensa che ostinazione! Capitano, la mia casa fa acqua, s’è diroccata i tappeti marciscono e tutto mi sembra idiota c’è musica in ogni bar, ma non si muove una nota l’annunciatrice annuncia il programma della serata. Dino Frisullo era dietro tutti i migranti, sempre presente fu arrestato in Turchia e condannato, innocente ma di quell’innocenza aggressiva, che non è una consolazione e quando fu liberato tornò in trincea con quel nome… Che perciò i kurdi se lo scrivevano sul fianco d’ogni barcone «Frizullo», «Firosillo», insomma: grande protezione e mentre un tumore se lo portava in un lampo aveva l’aria scocciata come per un contrattempo. C’è ancora una nave a Brindisi che il nero non inghiotte che il buio non s’è mangiata col suo passo sicuro da lì qualcosa ancora sta fissando lo scuro sentinella, sentinella a che punto resta la notte? Sentinella tu dimmi a che punto è la notte. 17 luglio 2006
2.
Canzoni da amare Vogliamo canzoni da amare
 che il vento ripari la pioggia
 vogliamo canzoni dal mare 
mai più canzoni da spiaggia.
 Vogliamo canzoni più vere 
così come i sogni sognati 
dal fondo di ogni bicchiere 
la nave di Jenny e i pirati.
 Vogliamo canzoni più amare 
della melassa per radio 
che mente parlando di cuore
 un miele di male e di jodio
 canzoni al cloruro di sodio
 miniere stillanti salgemma
 di amanti sfondanti l’armadio 
ribelli a ogni stratagemma.
 Vogliamo canzoni per aria
 debutti dal primo di maggio
 la canta cronaca varia
 del nostro grandissimo viaggio la vita che puoi raccontare
 la musica della parole 
vogliamo canzoni da amare 
e qualche canzone d’amore. gennaio 2009
3.
Addio morettin ti lascio finita è la mondata 
tengo un altro amante a casa tengo un altro amante a casa Addio morettin ti lascio finita è la mondata 
tengo un altro amante a casa più bellino assai di te Più bellino e più carino, più sincero a far l’amore…
4.
Risaie 02:31
Risaie Va come Cristo un treno sopra l’acqua la gazza è lì posata che non pesa sta tutta ristagnante una risacca della memoria in polvere sospesa… Risaie, risaie, risaie, risaie i chicchi bianchi della fame nera risaie, risaie e polvere in terra fra i sassi alla stazione di Novara. Il corpo della Mangano si sfalda In fondo alla farina di ‘sti grani rincorre l’onda soffocante e calda del blues che ci cantava la Daffini. Risaie, risaie, risaie, risaie la croce della fame che sta fissa risaie, rintocchi dei giorni di festa, odore di campane e di panissa. E vanno ancora tristi sul lavoro queste mondine al duro faticare precari che non sognano più in coro sfruttati che non sanno più cantare. Risaie, risaie, risaie, risaie di noia che ci abbraccia e fa fratelli risaie invasate di gioia e dolore fin dall’acciottolarsi di Vercelli. febbraio 2007
5.
Monte Calvario
 Intanto il mattino arriva veloce e Cristo che corre con tutta la croce morire e risorgere in otto ore appena che prima di cena sul Monte Calvario gli danno il salario. Intanto la sera arriva pesante e Cristo ritorna alla casa distante la testa sul piatto gli apostoli stanchi lo guardano appena lui mangia gli avanzi dell’ultima cena. E intanto il mattino ritorna veloce e Cristo si sveglia riprende la croce migliaia di cristi che vanno a lavoro e pregano in coro per farsi ammazzare per dio pendolare e quando la sera lo schiodano e scende un sorso d’aceto così si riprende per oggi il salario è un pesce e due pani le guardie saluta col sangue alle mani dicendo «a domani». Intanto la sera arriva alla fine si veste, uno straccio corona di spine
arriva in ritardo insieme a un ladrone gli dice il padrone “rispetta l’orario di monte calvario” Arriva la sera e appena staccato lui va nell’ufficio di Ponzio Pilato il capo gli mostra il contratto in scadenza nei prossimi mesi per la concorrenza dei cristi cinesi. Ritorna il mattino è giorno di festa ma cristo s’è messo la corona in testa a Monte Calvario fa presto ritorno è un ipermercato perciò in questo giorno si fa il doppio turno. Arriva a lavoro lo inchiodano in fretta ma solo alle mani dispone la ditta che da qualche mese riduce le spese perché costa troppo attaccare anche i piedi risparmiano i chiodi. Finisce anche questa giornata di merda lo calano in terra legato a una corda sarà licenziato perché ha fatto un torto a Ponzio Pilato e dopo che è morto non è più risorto.
6.
Spartaco 03:56
Spartaco Per Roberto Roversi Dicono fosse alto, bello: un pezzo di manzo il Tracio e che quando scoccasse un pugno suonasse come un bacio disertore alla macchia, poi schiavo, gladiatore generale ribelle e liberatore. Ottanta legioni col vento nella chioma li crocifissero nudi dalla Lucania a Roma ma dal momento che il suo corpo non lo seppero trovare sono autorizzato a pensare stia lì lì per tornare Spartaco, Spartaco, Spartaco… con tutti i suoi spartachisti. Era un'anatra zoppa, una rosa feroce le ali nel cappello, il vento nella voce era un'aquila polacca con gli occhi di stagnola artigliata all'amore come quando si vola. L'arco sopraccigliare le fu spaccato sulla fronte una fucilata in bocca e poi... Hop! Giù dal ponte. Irriconoscibile Rosa ripescata il mese appresso penso risalga il fiume, credo che torni adesso con Spartaco e tutti i suoi spartachisti. E poi storia di catene tutte scosse dal fantasma dell'Europa con la tosse col rumore che fa il nulla mentre sale questi turni sempre più mettono male con i camion scaricati nel mercato le cassette a botte di caporalato le caselle del lavoro interinale e gli eterni turni e pausa all'orinale come un bacio che non sai se sia una tregua se preceda l'amore o se lo segua quando è troppo è troppo e un calcio nel sedere dato al soprastante, al satrapo, al cantiere. Così se ne va come i giornali al vento i giornali gratuiti - beninteso - però è contento così uguale che non fu riconosciuto la riconoscenza inizia dal rifiuto. Così se ne va col vento giornaliero nel cartoccio bisunto di un pensiero fa pensiero a una rivolta nuova nuova lo dicevo, lo sapevo che tornava Spartaco. Ottobre 2005
7.
La scoperta di Milano Per l’Architetto Orsi
 il mio primo milanese E giunsi al gran deserto di Milano che io non ero mica ancora un uomo lontano, fondo azzurro di bottiglia coperto Duomo di sale e conchiglia. Sorgeva come Ulisse dal suo male nessuno mi correva incontro e niente e vento che pioveva in faccia e sole illumina Milano alla sua gente. La gente al capezzale del moderno lo popola di tanta indifferenza che non fa differenza qui d'inverno il vano passeggiare dell'assenza. Milano sembra proprio respingente però serba un segreto, un'illusione l’ho vista giù dal tram che rotolava di nuvole, di case, di persone e come in giostra vedo via volare di un mondo cosiddetto “di colore” di nuvole di case e di persone di tante luci spente di passione. E stetti alla scoperta di Milano che cominciavo ad essere un po’ io ca cinca bene quai nun ‘mbe nisciunu “rumiti senza cerca e senza diu”. Mi piacque stà città o, forse peggio, mi sono abituato alla sua faccia a me concede il triste privilegio di riconoscerla in qualsiasi traccia. Di navigare in questa grigia essenza all'improvviso in Vico Lavandare che lavano la grigia quintessenza di stanze che mi danno da cantare. È fatta questa mia città di pietra ed io non so che amarla e non so cosa vengo da Lecce a stringer piazza Vetra le sbarre della mia prigione e sposa e come in giostra vedo via volare di un mondo cosidetto "di colore" di nuvole di case di persone di tante luci accese di passione. La nuvola che chiamano Milano ormai mi tiene stretta a questo mondo e mentre insieme stiamo andando a fondo «Ué - le grido – diamoci la mano». E getto il mio sorriso poveraccio ed agito le mani da uno scoglio cerco il futuro uscendo dal Libraccio e guardo l'altra sponda del naviglio guardo il futuro uscendo dal Libraccio e cerco un'altra sponda del naviglio… Febbraio 2005
8.
Icaro 04:20
Icaro Per Marta Io non accuso il soffio di burrasca che ha riappiccato la fiamma del mio petto preso d’assedio e poi tenuto stretto e poi la resa più dolce che conosca io non rimpiango il volo della mosca che contro il vetro spinge le ali al sole che, come Icaro, brucia perché vuole toccar lampade accese, portarsi il fuoco in tasca. Esco tra voi la luce nelle mani sorrido, parlo e dico cose futili innalzo persino argini inutili contro il pensiero che inonda ogni domani ogni ora futura, io amo ed ho paura perché amore nella tua bocca amara mi tieni l’anima stretta tra i denti e sono cinque, son dieci, sono venti sono cent’anni che sbaglia e non impara: quanta fatica avara. Perché amore nella tua bocca amara mi tieni l’anima stretta tra i denti e sono cinque, son dieci, sono venti sono cent’anni che sbaglio e non imparo quanta paura. Esco tra voi col viso d’ogni giorno ma mi nascondo dentro un turbine radioso mi chiudo in petto un male insidioso che non ha cura io amo ed ho paura e non rimpiango la vita d’ogni giorno cui indifferentemente passo affianco e incomprensibilmente non mi stanco di questa mia tortura io amo ed ho paura e non accuso la bellezza straordinaria che mi sprofonda scafandro in fondo al mare solo vorrei prima che manchi l’aria capire se tu mi potrai mai amare prima di soffocare se tu mi puoi amare. Perché è amaro nella tua bocca amore sentirsi l’anima stretta fra i denti scavate gallerie, gettate ponti sono cent’anni che vivo di paure. Questo dolore che ansima e travolge danzalo amore, non farlo più tornare travolgi ogni paura d’amare e dammi un bacio con la tua bocca dolce ...e dammi un bacio con la tua bocca dolce. Febbraio 1998
9.
Dormi, dormi. Dormi dormi fija mia
 che l’amore va giranno pe la via.
 Tu dormi, dormi, fai la ninna fai la nanna Che l’amore te risveja e poi te inganna Tu dormi, dormi. Dormi dormi bella mia Che l’amore te da un bacio e poi va via…
10.
I baci 03:31
I baci 
I baci son l’ultima barriera
 oltre la quale non ci si vede
 quando al confino della sera 
il buio t’abbraccia e poi si siede ad aspettare baci alla riva
 ho imparato a guardare il mare 
il cavallone furioso che arriva 
l’onda disfatta che scompare. Eppure si torna sempre dai baci
 a fare breccia in ogni faccia
 ad agitare le antiche braci 
e che ogni pianto così si taccia tutti si fanno zitti ed attenti
 se un bacio si sta dipanando 
corre coi fiumi, scavalca i ponti 
getta le funi da tutto il mondo. Il primo bacio lo aspetto al mattino 
e col caffè mi ci consolo 
in bicicletta mi ci rovino: 
se penso ai baci mi sbatto a un palo! Il primo bacio lo aspetto ancora 
quando finiscono le otto ore
 quando il tramonto sembra l’aurora
 finisce il lavoro, riparte il cuore. Io mi ricordo molto meglio 
il primo bacio del primo amore
 alle sette mi ci risveglio
 con sulle labbra il buonumore e quando in coppia tutto sta stretto
 quando la vita ti si spacca
 con chi non ami puoi andarci a letto 
ma vengono male i baci in bocca. L’amore c’ha sempre un surrogato
 un solitario candido volo 
sarà natura, sarà peccato
 ma i baci… 
 quelli non puoi darteli da solo. Il primo bacio sul divano 
lo aspetto parlando, parlando di tutto
 e fra me e me mi dico piano 
«ti prego fammi stare zitto». Un giorno son nato e mi hanno fregato 
mi hanno piazzato nelle mie suole
 ad affrontare il silenzio armato
 armato di inutili parole e poiché vivere ormai mi tocca
 provo a star dritto sulla schiena 
ma quando mi arriva un bacio in bocca
 mi pare quasi che valga la pena. Giugno 2008
11.
Insulina 04:04
Insulina per Patrizia È una malattia di grumi dentro il sangue dove arranco quando corro in bicicletta prendo tempo perché c’ho fin troppa fretta di arrivare esangue fino a un’altra notte ti spalanchi e poi mi dici «Che ti piace?» me mi piace quando un ricciolo frappone la terribile bellezza della faccia che non dà respiro, scinde, mi scompone me mi piace quando mi levo le lenti e ti colgo d’ombra liquida e sfuocata poi man mano che avvicino i passi lenti ti fai coppa d’ambra languida e infuocata. È una malattia che sanguina nel sangue che risvegli, che sonnecchi, che sconvolga che mi stia di fronte, sia la fonte, imponga che non c’è insulina che mi ti disciolga quando guardo che ti curi o ti suicidi che t’innietti nella folla della vita che tracanni e che soffochi e che ridi che sei tanto viva che non hai l’uscita che sei tanto viva che un po’ mi spaventi ma se un ricciolo frappone una barriera per fortuna fra i tuoi occhi nella sera trovo il tempo di un respiro fra due canti. 17 settembre 2008
12.
Matteotti 03:21
Matteotti Un vento duro e ghiaccio si fa dai Pirenei strada fra fango e roccia per arrivare a noi mi prende al collo e blocca mi fa star zitto e duole mi prende a calci in bocca nel guanto del dolore e non c’è sogno che si spinga più in là del sonno non c’è risveglio dall’incubo di tutt’attorno non c’è ragione, non c’è follia o coraggio e non c’è viaggio che spinga il viso oltre l’oltraggio. Questo Natale a casa si giocherà a tressette per far morir qualcosa: inverno trentasette e la miseria è un orlo al bavero scucito tu scivoli e nel farlo ti aggrappi all’impiantito. Così di niente in niente si va per acquiescenza si smette d’esser uomini, si avanza nell’assenza si smette l’aria, si smettono gli abiti usati lo strazio delle libertà, gli stracci accumulati. Disse mia moglie «aspetto un figlio per quest’anno» anima benedetta, speranza nell’affanno Giacomo lui che viene che si chiamasse come… «Giacomo mi sta bene, Giacomo è un bel nome». Così io quando chiamerò mio figlio a voce alta ricorderò che c’era, che ci sarà ogni volta qualcuno che con gli occhi fissi nel buio triste guarda la morte in faccia, la guarda e le resiste. Così ogni volta che io Giacomo in queste notti di questi anni matti coi sogni che interrotti nasconderò il nome di chi vive e muore di amore della vita, di morte dell’amore. Piazza Montecitorio là c’è una salita presero Matteotti e ci lasciò la vita Dicembre 2004
13.
Rosa Bianca 03:28
Rosa Bianca Rosa, Rosa Bianca, dove sei svanita son tornati i fiori sulla passeggiata qui la vita intera sembra rifiorita qui fra i rampicanti della risalita fra tutti rimpianti c’è qualcosa in più con tutti gli assenti manchi pure tu. Vedi sono assente canti una canzone senti tutti i pianti fin dal carrozzone tenti tutti i canti, cosa fai? Ti muovi? Cosa fai? Ti fermi e aspetti i tempi buoni? Cosa fai? Ti fermi e resti bello stanco? Cosa vedi quando guardi un uomo affianco?”. Rosa Bianca, Rosa, bianca e coraggiosa ti pareva il caso, ti sembrava cosa? quanto poco tempo, tanto quanto amore quando t’hanno detto qui chi ama muore quanti fiori al vento, come fogli in volo sopra i passi svelti dell’amore solo. Se l’amore fugge vallo ad inseguire quando arriva il tempo cosa vuoi capire… Avrei preferito aspettare sera per avere tempo per la primavera pure mi son scelta d’essere così pure sono fiera di esser stata lì… Ora sopra il muro proprio affianco al nome passan gli studenti vanno alla lezione. Tornan gli studenti e se ne vanno a casa e la luna bianca tinge il cielo rosa e la luna stinge, poi si va posare come un foglio bianco che non puoi strappare. Oggi c’era un sole che mandava braci c’eran due ragazzi che si danno i baci c’era un cielo splendido e un ricordo amaro m’è sembrato tutto, tutto molto chiaro m’è sembrato chiaro, bello e senza età come rose bianche della libertà. Aprile 2005
14.
Corso Regina Coeli c’è una salita 
dove Matteotti lasciò la vita.
15.
Isabella di Morra Sopra la rocca c'è Isabella, anima mia
 consuma gli occhi e guarda il mare
 messa in prigione dai fratelli, bella mia 
chi può venirla a liberare?

 D'un alto monte onde si vede il mare 
miro sovente io, tua figlia Isabella 
s'alcun legno spalmato in quello appare
 che di te, padre, a me porti novella.

 Gioca alla morra le sue carte, anima mia 
è pugno, è pietra, è una carrozza, 
è tuo fratello sulla soglia, bella mia 
è lui la forbice che sgozza.

 Ma la mia incerta e dispietata stella
 non vuol ch'alcun conforto possa entrare,
 nel tristo cor, che di pietate è nulla
l a salda speme in pianto fa mutare.

 Sopra la rocca il vento vola, anima mia 
il mare frange nella gola, 
la vita aspetta sola sola, bella mia,
 che poi si chiuda la tagliola. 

Ma non veggo nel mar remo né vela, 
così deserto è l’infelice lido 
che il mare solchi o che lo gonfi il vento
 io non veggo nel mar remo né vela.
 Contro fortuna allor spargo querela
 e tengo in odio il denigrato sito 
come sola cagion del mio tormento,
 contro fortuna allor sporgo querela. 

Sopra la rocca c'è Isabella, anima mia 
ha chiuso gli occhi e cerca il mare
 messa in prigione su una stella, bella mia, 
chi può venirla a liberare? Novembre 2006
16.
Difendi l’allegria Liberamente tratta da una poesia di Mario Benedetti Difendi l’allegria come una trincea
 difendila dallo scandalo e dall’abitudine 
difendila dalle miserie e dai miserabili
 e dalle assenze transitorie e da quelle definitive. Difendi l’allegria come un principio
 difendila dallo stupore e dal dolore 
difendila dai neutrali e dai neutroni
 e dai gran permalosi e dalle gravi diagnosi. Difendi l’allegria come una bandiera
 dai colpi di fulmine e dalla malinconia
 dai finti ingenui, dalle vere carogne 
dai discorsi retorici, dagli attacchi cardiaci 
e dai mali endemici e dai baroni accademici Difendi l’allegria come un destino
difendila dal fuoco e dai pompieri
dai tentati suicidi, dai riusciti omicidi
dai lavori usuranti, dallo stress delle ferie
e dall’obbligo di stare allegri, tutti allegri, in serie. Difendi l’allegria come una certezza
 difendila dalla ruggine e dalla fuliggine 
dalla famosa patina che il tempo vi depone
 e da chi dell’allegria fa una prostituzione. Difendi l’allegria come un diritto
 difendila da Dio e dall’inverno che viene 
da tutte le maiuscole che la morte impone 
dalla vita contorta, dalle pene del caso e dai pensieri cinici 
 e soprattutto difendi l’allegria dai comici. Marzo 2011
17.
18.
La piazza la loggia la gru Per Marina e Bruno La piazza, la loggia, la gru s'incrociano come in un campo di guerra
frustata dal vento la pioggia s'infogna ed in rivoli va sottoterra
si perde nel buio obbligato di vicoli, trame, di oscure vicende
del tempo che passa, che passa, e non cura il dolore però lo sospende

sospesi al vento, sul braccio di una gru ci sono sei lavoratori immigrati
saliti nel vento d’autunno per trentasei metri e rimasti aggrappati
a un esile filo a un pensiero, ad una speranza che brucia le ali
che gli uomini in fondo al futuro, mondati dall'odio, si svelino uguali

li prendono in giro i lavoratori stranieri / parlano di sanatorie e poi sono storie / inapplicabili tranelli legali / balzelli contro i più poveri / da anni venuti in Italia / sfruttati, derisi / fra il bisogno e la paura / paura di mostrare il viso o d'incontrare una divisa che ti dica «da oggi non ci puoi più stare» / e così al mattino lavori / la sera ti chiudi in casa / e muori di nostalgia. / La pubblica via è un sofisma, c'è tutto un paese fantasma / l'identità è una carta / una corta illusione, una strana nazione qui Brescia, qui nord produttivo / qui angoscia dal giorno che arrivo / qui niente sembra più vivo / la piazza è un deserto / trentasei anni fa / fu un luogo aperto / di speranza e di dolore era un porto di resistenza ed amore (il 28 maggio 1974 c'erano in piazza lo studente e il professore
perché un mondo migliore inizia da una scuola migliore). Sui banchi di Piazza Loggia cade una pioggia che macchia di scuro
come l'inchiostro della sentenza che abbiamo lasciato al futuro
per raccontare ai nipoti dei figli l'assurdo segreto di stato
dei morti arrivati per caso nell'ora sbagliata e nel posto sbagliato

otto morti sbranati dall'urlo, il furore, dai canti assassini
lo scoppio, lo scolo di sangue in fretta pulito, lasciato ai tombini
passati dieci anni, vent'anni, trentasei anni quel lutto s'è stinto
si acceca il ricordo, e muore memoria, e il lutto è un pensiero indistinto

e trentasei anni più tardi, trentasei metri sopra tutto questo
sei lavoratori stranieri resistono ad ogni costo
dal trenta di ottobre aggrappati a una gru stanno guardando dall'alto
un mondo fantasma che in basso ha perduto la sua strada nell'asfalto

Arun, Jimi, Rachid, Sajad, Singh, Papa
i nomi, il sudore, le ore, i bulloni, le viti, s'inciampa, si crepa
Papa, Singh, Arun, Sajad, Rachid, Jimi
al dieci novembre son stanchi e due fra di loro scendon per primi

ancora il freddo, il vento, la gru e il quindici undici solo
gli eroi della disperazione cedono infine e scendono al suolo
al quindici di novembre scendono piolo per piolo
mentre otto mute presenze da Piazza Loggia stan prendendo il volo

otto angeli custodi che si fanno sotto le braccia
di croce della gru, nel vento che brucia la faccia
nel freddo che fa lacrimare, Arun e gli altri hanno chiesto
«chi siete voi che venite quassù a prendere il nostro posto?» 
Son Giulia Banzi Bazzoli donna, madre insegnante
uscita un mattino di maggio per fare una cosa importante
ho corpo d'amore ed ho voce, schiantata in un portico, rotta
aspettami dissi a mio figlio… è trentasei anni che aspetta.
Ed io impregnata di pioggia son Livia Bottardi Milani
la pioggia che insanguina maggio, la pioggia che lava le mani
di quelli che misero bombe che sperano il tempo cancelli
le tombe nel mare ai migranti, ma loro rimangono quelli.
Io Pinto Luigi emigrante, come voi, ma venuto da Foggia
per lavorare nel Nord, col sangue mischiato alla pioggia
tornai stretto dentro una bara, la schiena straziata di schegge
l'Italia riunita col sangue che ancora discrimina e che non protegge. Io, Natali Euplo / fui partigiano qui a Brescia / di colpo mi prese l’angoscia / e venni in piazza a vedere / quanto la liberazione / avesse lasciato in cantiere / cosa restasse da fare / e venni in piazza a morire / con Bartolo Talenti / e con Vittorio Zambarda / eravamo in tanti: / noi “vecchi” di Piazza Loggia / vecchi per modo di dire / pronti ancora a salire / in alto sul posto di guardia / perché chi è vecchio ricorda / e guarda con la stessa angoscia / che l’orizzonte rovescia / il vecchio fascismo di Brescia / nel nuovo razzismo leghista. Amore ci insegna un percorso che c’è dalla piazza alla gru
amore che non sciolse allora che non può scioglierci più
amore che libera e sfida, ditelo ai vostri scolari
a nome di Alberto Trebeschi e di Clementina Calzari Finche morte non ci separi, le frasi di rito un po’ orrende
noi fummo moglie e marito e il modo ancora ci offende
col quale una bomba feroce dentro una piazza di maggio
venne a disfarci la voce, volle spezzare il coraggio ma è amore che ancora ci porta da quella piazza alla gru
coraggio pietà non è morta e resta aggrappata lassù. Il 15 novembre 2010 a Brescia i lavoratori immigrati scendevano dalla gru proprio mentre la sentenza sulla strage di Piazza Loggia poneva una pietra tombale su quelle otto vittime. Nessuno è stato, pare, dunque continua la lotta. Novembre/dicembre 2010
19.
Dormi dormi Malatesta che la storia sta girando come un corvo dalla luna declinando dormi, dormi nel tuo letto, di quella cassa zincata ti sorvegliano da presso nella notte sigillata Dormi dormi Malatesta che qui ora è tutto a posto ogni giorno si ridesta ogni cosa col suo costo l’uguaglianza è un’uniforme la si calza e via di corsa la giustizia un bene enorme l’han quotata pure in borsa Dormi dormi Malatesta grattacieli di dolore innalzati come pietre sopra il cuore di quel caos tanto malato che chiamiamo nostra vita del pensiero che la gioia sia l’ennesima ferita Dormi dormi Malatesta penseranno i dirigenti a dirigere la festa digerire anche i frammenti della terra cruda zolla, stretta e a corto respiro mentre il boia che non molla ti garrotta ancora un giro Ninna nanna Malatesta come vedi tutto bene sul dirupo del futuro l’obbligo delle catene si dovesse mai pensare che chi va poi non ritorna dentro questa solitudine ultramoderna. Sveglia sveglia Malatesta, Pietro Gori, Bakunino allo squillo della tromba fate nascere il mattino capi di buona speranza per doppiare la passione carcerati nella stanza, presto una rivoluzione.

about

Cantautore, scrittore e militante anarchico, Alessio Lega ha pubblicato 6 dischi, il primo dei quali Targa Tenco 2004, e due libri, uno sui cantautori ribelli del mondo, l'altro scritto con Ascanio Celestini.

Ha fatto l'impiegato per le bollette, il fumettista per ostinazione e il musicista per l'amore e la rivoluzione.

Canta sempre e ovunque - teatri, biblioteche, case private - e viene ricambiato dal fatto che lo continuano a chiamare a cantare ovunque - manicomi, piazze, centri sociali. Odia il denaro, ricambiato.

Nonostante legga anche dei libri di storia conserva una certa fede nell'umanità.
Dunque ha fatto un nuovo disco di storie: Mala Testa.

credits

released March 13, 2013

Credits:

Alessio Lega | voce
Rocco Marchi | pianoforte, eko tiger, pianet, synth
Andrea Faccioli | chitarre, banjo, autoharp
Francesca Baccolini | contrabbasso
Andrea Belfi | batteria, percussioni, fischi

con

Paolo Pietrangeli | voce in CANZONI DA AMARE
Paolo Ciarchi | voci, percussioni, trombazzi, armonica a bocca in CANZONI DA AMARE, SPARTACO, LA SCOPERTA DI MILANO, ISABELLA DI MORRA, DIFENDI L'ALLEGRIA

Registrato da Roberto Passuti, Francesca Baccolini e Rocco Marchi allo studio Obst und Gemüse di Cerro Veronese

Mixato e masterizzato da Roberto Passuti allo studio Spectrum di Bologna

Produzione artistica | Rocco Marchi
Illustrazioni e progetto grafico | Matteo Fenoglio

Ufficio stampa | Big Time

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about

Alessio Lega Italy

Alessio Lega è uno dei cantautori più conosciuti e stimati della sua generazione, ma è anche uno scrittore e militante anarchico.
Scrive canzoni, canta, suona la chitarra, ha pubblicato dischi e libri a proprio nome e partecipato a decine di opere collettive. Ha messo in scena centinaia di spettacoli, conferenze e concerti sulla canzone d’autore mondiale e sulla musica popolare e d’impegno.
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